La tenuta all’aria è uno dei pilastri dell’edilizia contemporanea: contribuisce a efficienza energetica, comfort abitativo e durabilità dell’involucro. Non riguarda solo i consumi, ma anche salubrità interna e prevenzione di danni da umidità e condensa.
In questo articolo vediamo cos’è, come si misura, come si progetta e quali protocolli e normative la regolano.
La tenuta all’aria indica la capacità dell’involucro edilizio di limitare i passaggi non controllati di aria tra interno ed esterno. Non significa rendere l’edificio completamente ermetico, ma gestire i flussi d’aria attraverso giunti, serramenti e strati costruttivi. È un parametro misurabile, direttamente correlato all’efficienza energetica, alla durabilità dei materiali e al controllo igrometrico interno.
Negli edifici più datati, spesso privi di isolamento continuo e caratterizzati da ventilazione naturale, le dispersioni d’aria erano distribuite e diffuse, contribuendo a un ricambio spontaneo che, pur inefficiente dal punto di vista energetico, riduceva il rischio di accumulo di umidità.
Al contrario, negli edifici moderni ed in particolare in quelli ad alte prestazioni, l’involucro è progettato per essere il più possibile continuo e isolato e minimizzare le perdite per infiltrazione d'aria. In questo contesto, anche piccole discontinuità o passaggi localizzati — come giunti parete–copertura, controtelai non sigillati, fori impiantistici o cambi di materiale — possono generare:
La progettazione dello strato di tenuta deve prevedere soluzioni specifiche per ogni nodo critico, con materiali idonei e continuità geometrica.
Il movimento dell’aria all’interno e attraverso l’involucro edilizio è influenzato da diversi fattori fisici e costruttivi. Le infiltrazioni d’aria non desiderate si verificano principalmente per due motivi:
Le fessure, le giunzioni tra materiali, i passaggi impiantistici (come tubazioni, cavi, condotte) e le connessioni tra elementi costruttivi (finestre, porte, solai, tetti) rappresentano punti critici dove l’aria può infiltrarsi se non adeguatamente sigillati.
Negli edifici moderni ad alta efficienza energetica, dove l’ermeticità dell’involucro è un requisito fondamentale, anche micro-fessure o imperfezioni millimetriche possono diventare veri e propri canali di flusso d’aria. Questo accade perché la pressione differenziale tende a concentrarsi proprio in quei punti, amplificando l’effetto dell’infiltrazione.
Inoltre, la geometria dell’edificio gioca un ruolo cruciale:
Questi punti richiedono soluzioni specifiche come nastri flessibili, mastici elastici o membrane sagomabili, capaci di adattarsi alle forme complesse e mantenere la tenuta nel tempo.
Angoli acuti, rientranze, spigoli e cambi di direzione sono zone dove è più difficile garantire la continuità della barriera all’aria.
Negli edifici realizzati con sistemi a secco—come strutture in legno, carpenteria metallica o prefabbricati modulari—la gestione della tenuta all’aria richiede particolare attenzione fin dalle fasi iniziali di progettazione e montaggio. Questi sistemi costruttivi, pur offrendo vantaggi in termini di velocità, precisione e sostenibilità, presentano alcune vulnerabilità specifiche:
La precisione nella posa dei materiali di tenuta—come membrane traspiranti, barriere al vapore, nastri adesivi e guarnizioni elastiche—è cruciale. A differenza delle costruzioni tradizionali, dove eventuali correzioni possono essere apportate in fase di finitura, negli edifici a secco ogni errore o dimenticanza si traduce in una perdita di prestazione. La sigillatura deve essere continua, duratura e compatibile con i movimenti strutturali e le dilatazioni termiche.
A differenza delle costruzioni tradizionali in muratura, dove l’intonaco può contribuire alla tenuta, negli edifici a secco i giunti tra pannelli strutturali (come OSB, cartongesso, pannelli sandwich o CLT) rappresentano potenziali linee di debolezza. Se non correttamente sigillati, diventano canali privilegiati per il passaggio dell’aria, compromettendo l’efficienza energetica e il comfort interno.
L’isolamento termico non compensa le discontinuità
Anche se l’edificio è dotato di materiali isolanti ad alte prestazioni, come lana minerale, fibra di legno o poliuretano, questi non sono progettati per garantire la tenuta all’aria. Le fessure, le interruzioni nei pannelli, o i passaggi impiantistici possono vanificare l’effetto dell’isolamento, generando ponti termici e flussi convettivi indesiderati.
Le strutture leggere, tipiche degli edifici a secco, hanno una ridotta capacità di accumulo termico. Questo significa che le variazioni di temperatura esterna si riflettono più rapidamente all’interno. In presenza di infiltrazioni d’aria, anche minime, si possono verificare sbilanciamenti termici, correnti d’aria percepibili e discomfort ambientale, soprattutto in inverno o in estate.
Si può quindi affermare che gli edifici concepiti con sistemi stratificati a secco richiedono maggiore attenzione ai dettagli per garantire la tenuta, ma permettono una gestione più flessibile di questa prestazione.
Le infiltrazioni d’aria non sono fenomeni statici: variano nel tempo in funzione del vento, delle pressioni atmosferiche, dell’attivazione degli impianti e del comportamento degli occupanti. Questi flussi transitori generano sollecitazioni variabili sull’involucro edilizio, alterando il comportamento termo-igrometrico e acustico dell’edificio in modo non prevedibile con modelli stazionari.
La progettazione deve quindi considerare non solo il valore medio di tenuta (es. n₅₀), ma anche la risposta dell’involucro alle condizioni reali di esercizio. Ignorare questa dimensione significa progettare edifici che funzionano solo in condizioni ideali.
Quando la VMC è ben progettata e installata, si assume che quasi tutta l’aria estratta passi attraverso il recuperatore di calore per cedere energia all’aria fresca in ingresso. In pratica, però, le infiltrazioni dell’involucro o le perdite nei condotti o nelle unità comportano che parte di quell’aria bypassi il sistema, cioè non venga recuperata termicamente.
Alcune ricerche mostrano che:
In pratica: anche se il dispositivo recuperatore ha ottime caratteristiche, la sua efficacia può essere compromessa da:
La progettazione deve quindi considerare non solo il valore medio di tenuta, ma anche la risposta dell’involucro alle sollecitazioni variabili nel tempo. Ignorare questa dimensione significa progettare edifici che funzionano solo in condizioni ideali.
Il Blower Door Test è il metodo di riferimento per valutare la tenuta all’aria di un edificio. Consiste nell’installazione di una ventola calibrata all’interno di un telaio sigillante, generalmente montato su una porta esterna. Una volta chiuse e sigillate tutte le aperture dell’edificio, la ventola viene attivata per creare una differenza di pressione tra l’interno e l’esterno, solitamente pari a ±50 Pascal — valore convenzionale che simula l’effetto di un vento moderato (circa 30 km/h).
Durante il test, un manometro differenziale rileva la pressione interna, mentre un flussometro misura la portata d’aria necessaria per mantenere costante la differenza di pressione. Da questi dati si ricavano i principali indicatori di tenuta all’aria, come:
Il test valuta le prestazioni in condizioni controllate in un determinato momento; la qualità della posa e dei materiali influisce sulla stabilità delle prestazioni negli anni.
Valori bassi indicano elevata ermeticità. Ad esempio, per Passivhaus il limite è n₅₀ ≤ 0,6 h⁻¹.
La norma UNI EN ISO 9972:2015 definisce la metodologia per la misura della permeabilità all’aria degli edifici. È il riferimento tecnico per eseguire il Blower Door Test in modo standardizzato e confrontabile. Si riporta elenco norme utilizzate pe
La determinazione del volume d’aria interno dell’edificio è un passaggio fondamentale per il calcolo del parametro n₅₀, questo volume può essere calcolato secondo due normative di riferimento: EN 13829 o EN ISO 9972.
Il volume calcolato secondo EN ISO 9972 risulta in genere maggiore, producendo quindi un valore di n₅₀ numericamente più basso; per questo è importante specificare sempre il metodo usato.
2.Preparazione dell’edificio
Prima di eseguire il Blower Door Test, è fondamentale predisporre correttamente l’edificio, affinché la misurazione rifletta le condizioni reali di utilizzo.
3.Installazione della strumentazione
4.Determinazione delle fessure d’aria
Una volta avviata la pressurizzazione o, più frequentemente, la depressurizzazione a 50 Pascal, si procede alla rilevazione delle perdite puntuali attraverso l’involucro edilizio. Questa fase è fondamentale per localizzare le aree critiche e pianificare eventuali interventi correttivi.
Le tecniche più utilizzate includono:
È importante che l’edificio sia in condizioni di test, con la strumentazione attiva e la differenza di pressione stabilizzata, per garantire che le dispersioni rilevate siano effettivamente attribuibili a carenze nella tenuta all’aria.
Questa fase non solo consente di documentare le criticità, ma rappresenta anche uno strumento didattico e operativo per imprese e progettisti, che possono così intervenire in modo mirato su dettagli costruttivi, sigillature e materiali.
5.Misurazione del valore di tenuta all’aria secondo norma
Una volta individuate le principali dispersioni, si procede con la misurazione ufficiale della tenuta all’aria dell’edificio, seguendo le indicazioni della norma UNI EN ISO 9972:2015. L’obiettivo è ottenere un valore affidabile di n₅₀ (ricambio d’aria orario a 50 Pascal), q₅₀ o w₅₀, da confrontare con i limiti normativi o i requisiti dei protocolli energetici.
La norma prevede due fasi distinte:
1) Verifica della pressione a flusso nullo
Prima e dopo la prova, si effettua una verifica della pressione residua tra interno ed esterno, con la turbina spenta e sigillata. Si registra la media dei valori positivi e negativi per almeno 30 secondi. Se uno di questi supera ±5 Pascal, la prova non è considerata valida. Questo controllo serve a garantire che non ci siano interferenze esterne (come vento o variazioni di temperatura) che possano falsare i risultati.
2) Sequenza di misurazioni a pressione variabile
La prova vera e propria consiste nel misurare la portata d’aria necessaria a mantenere diverse differenze di pressione tra interno ed esterno, con incrementi non superiori a 10 Pascal. La pressione minima deve essere almeno 10 Pa o cinque volte la pressione residua misurata in precedenza. La pressione massima, invece, dipende dalla dimensione dell’edificio: per edifici standard si arriva a 50 Pa, mentre per quelli molto grandi può bastare, in accordo con la norma o eventuali protocolli energetici, 25 Pa.
Per garantire la validità statistica della prova, si devono raccogliere almeno cinque punti di misura equidistanti tra la pressione minima e quella massima. In alcuni casi, per raggiungere le pressioni richieste, è necessario utilizzare più di una turbina.
Questa procedura consente di costruire una curva di regressione affidabile, da cui si ricava il valore finale di tenuta all’aria. È un passaggio cruciale per certificare la qualità dell’involucro edilizio e per dimostrare la conformità ai requisiti CAM o ai protocolli energetici come CasaClima, Passivhaus o LEED.
6.Elaborazione dei dati
I dati raccolti vengono elaborati secondo la relazione logaritmica tra portata volumetrica e pressione differenziale:
Dove:
Da questa curva si ricava il valore q₅₀, che consente di calcolare:
Dove V è il volume interno riscaldato dell’edificio (m³). Il valore n₅₀ rappresenta il numero di ricambi d’aria per ora a 50 Pa ed è il principale indicatore di tenuta all’aria.
il valore n₅₀ rappresenta un indicatore sintetico della tenuta all’aria dell’involucro edilizio, espresso come numero di ricambi d’aria per ora a una differenza di pressione di 50 Pascal. Tuttavia, limitarsi alla lettura di questo dato può offrire una visione parziale del comportamento dell’edificio.
Per una diagnosi più completa, è fondamentale analizzare anche l’andamento delle curve di pressurizzazione e depressurizzazione, valutando la loro reciprocità. In condizioni ideali, le due curve dovrebbero sovrapporsi, indicando un comportamento simmetrico dell’involucro rispetto al flusso d’aria. Divergenze tra i tracciati possono invece segnalare:
Questa analisi consente di individuare non solo la quantità di aria dispersa, ma anche la modalità con cui l’aria si muove attraverso l’involucro, offrendo indicazioni preziose per interventi correttivi mirati.
a tenuta all’aria dell’involucro edilizio è un elemento fondamentale per garantire comfort abitativo, efficienza energetica e durabilità dei materiali. Una progettazione accurata richiede l’integrazione di soluzioni tecniche specifiche in ogni fase del processo costruttivo:
Membrane continue sul lato caldo dell’involucro: posizionate internamente e sigillate tra loro e ai bordi con nastri o mastici idonei, impediscono il passaggio incontrollato dell’aria e contribuiscono alla tenuta al vapore, riducendo il rischio di condense interstiziali.
Nastri sigillanti ad alta tenuta per giunzioni e serramenti: conformi alla norma DIN 18542:2009, si distinguono in:
Questi prodotti garantiscono una sigillatura elastica e durevole nel tempo, anche in presenza di movimenti strutturali.
Manicotti e guaine per passaggi impiantistici: fondamentali per evitare infiltrazioni d’aria nei punti di attraversamento di tubazioni, cavi e condotti. Devono essere compatibili con le membrane e sigillati con prodotti specifici.
Infissi ad alte prestazioni: devono appartenere a una classe di permeabilità all’aria elevata (Classe 3 o 4) secondo la norma UNI EN 12207, e essere certificati attraverso prove conformi alle norme UNI EN 1026 e UNI EN 14351-1 (marcatura CE dei serramenti esterni). La scelta dell’infisso incide fortemente sulla tenuta complessiva dell’involucro.
Cura dei dettagli nei punti critici: angoli, contorni, cambi di materiale e giunzioni tra elementi costruttivi richiedono soluzioni progettuali e materiali specifici per evitare ponti d’aria.
Verifiche in corso d’opera: indispensabili per individuare e correggere tempestivamente eventuali difetti prima della posa delle finiture. Possono includere test intermedi di tenuta all’aria (blower door test) e ispezioni visive delle sigillature.
La verifica della tenuta all’aria non è soltanto una buona pratica progettuale, ma rappresenta un criterio obbligatorio in numerosi protocolli di certificazione energetica e ambientale volontari. Questi sistemi impongono limiti precisi per garantire che l’involucro edilizio sia realmente performante, riducendo le dispersioni incontrollate e migliorando l’efficienza energetica complessiva. A seguire si riportano le indicazioni di alcuni dei principali protocolli energetici:
🛡️ Protocollo | 🔢 Limite n₅₀ (h⁻¹) | 📋 Note principali |
---|---|---|
CasaClima | Classe Gold ≤ 0,6 Classe A ≤ 1,0 Classe B ≤ 1,5 Risanamento ≤ 3,0 | Il Blower Door Test è obbligatorio per le classi superiori. Il test va eseguito in opera, preferibilmente prima delle finiture. |
Passivhaus | ≤ 0,6 | Limite molto stringente; condizione essenziale per VMC e comfort interno. |
LEED v4 | Nessun limite fisso | Premia con crediti la verifica della tenuta all’aria nella categoria Energy and Atmosphere. |
BREEAM | ≤ 3,0 (tipico) | Valore indicativo per edifici residenziali/commerciali ad alte prestazioni. |
Il Decreto CAM del 23 giugno 2022 introduce per la prima volta l’obbligo di verifica della tenuta all’aria negli appalti pubblici. Nel Decreto Requisiti Minimi (DM 26/06/2015) non é prevista nessuna indicazione sulla tenuta all'aria.
Il punto 2.4.9 del Decreto stabilisce i requisiti di tenuta all’aria per tutte le unità immobiliari riscaldate con l’obiettivo di preservare l’efficienza energetica dei pacchetti coibenti, evitare la formazione di condensa interstiziale, garantire la salubrità e la durabilità delle strutture e assicurare il corretto funzionamento della ventilazione meccanica controllata.
La verifica deve essere eseguita da tecnicsecondo la norma UNI EN ISO 9972, tramite Blower Door Test, e i valori limite di n₅₀ da rispettare sono i seguenti:
Tipo di intervento | n₅₀ obbligatorio (h⁻¹) | n₅₀ premiante (h⁻¹) |
---|---|---|
Nuova costruzione | ≤ 2,0 | ≤ 1,0 |
Ristrutturazione importante (I livello) | ≤ 3,5 | ≤ 3,0 |
Questi valori devono essere riportati nella Relazione CAM e formalizzati nel capitolato d’appalto, e successiva verifica in opera.
Come dimostrare la conformità in fase progettuale?
Ecco i passaggi chiave per documentare correttamente la tenuta all’aria prima del cantiere:
Questo approccio consente di anticipare la conformità normativa già in fase progettuale, facilitare una corretta esecuzione e aumentare la consapevolezza tecnica di tutti gli attori coinvolti.
Nota: il CAM rappresenta un passo avanti ma, essendo un decreto ambientale, non definisce prescrizioni operative e responsabilità di dettaglio. Una norma nazionale dedicata alla tenuta all’aria potrebbe tradurre questi principi in obblighi tecnici più chiari.
Attualmente, in Italia non esiste una norma tecnica nazionale che disciplini in modo sistematico la progettazione della tenuta all’aria dell’involucro edilizio. La UNI EN ISO 9972:2015 definisce il metodo di misura in opera tramite Blower Door Test, ma non fornisce indicazioni operative per la fase progettuale né per la gestione in cantiere.
Per sopperire a questa lacuna, si può utilizzare la DIN 4108-7, norma tedesca consolidata che offre un quadro metodologico completo per:
Integrata nei sistemi di certificazione energetica tedeschi, come KfW e Passivhaus, la DIN 4108-7 promuove un approccio proattivo: la tenuta all’aria deve essere pianificata sin dalle fasi iniziali, attraverso un progetto dedicato che includa:
In mancanza di un equivalente italiano vincolante, la DIN 4108-7 rappresenta un riferimento operativo valido e documentabile, utile per garantire qualità esecutiva e conformità ai requisiti dei protocolli energetici più avanzati.
Scritto da Ing. Simone Blasi